Al giorno d’oggi le donne lavoratrici sono in netto aumento rispetto al passato e questo permette loro di essere indipendenti economicamente e di cumulare averi di cassa pensione.

Tale fenomeno comporta la sempre maggior richiesta di rinuncia al conguaglio previdenziale, da parte dei coniugi, al momento della domanda di divorzio.

Ma come reagisce il Pretore davanti a tale rinuncia che, si ricorda, è eccezionale rispetto alla regola generale che prevede un conguaglio degli averi di cassa pensione maturati durante il matrimonio?

Secondo una recente sentenza del Tribunale d’appello di Lugano (Sentenza I CCA 11.2020.123): “Per ritenere omologabile una rinuncia alla divisione della previdenza professionale in caso di divorzio, il giudice deve valutare le circostanze personali di chi rinuncia, in particolare la sua età, i suoi redditi, il suo fabbisogno e tutti i suoi averi, anche di quelli accantonati prima del matrimonio. Non è necessario che la sua previdenza professionale risulti equivalente a quella cui egli avrebbe diritto senza la rinuncia convenzionale; basta ch’essa sia “adeguata”. Accertata la situazione in cui verserà il rinunciante all’età del pensionamento, occorre determinare se avrà modo di coprire almeno il proprio fabbisogno minimo, evitando di ricorrere a prestazioni assistenziali dell’ente pubblico”.

Quindi, concretamente, l’Autorità Giudicante accetta la rinuncia al conguaglio LPP anche in presenza di importi nettamente differenti se, nel complesso, la previdenza per la vecchiaia e per l'invalidità di cui disporrà la parte che rinuncia al conguaglio, dopo il pensionamento, può ritenersi “adeguata”, e meglio che tale parte provi di poter coprire il proprio fabbisogno (prendendo in considerazione tutti gli averi della parte che rinuncia al conguaglio, quali polizze assicurative, sostanza mobiliare ed immobiliare, attivi aziendali ecc..).  

Il nostro Studio resta a vostra disposizione per consigliarvi al meglio anche su tali aspetti specifici del diritto di famiglia.